Oggi affrontiamo un tema molto importante “il lavoro nero e la sospensione dell’attività imprenditoriale”, dopo la recente nota del Ministero del lavoro in riferimento all’ applicazione del provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale per le aziende che occupano più del 20% di lavoratori in nero.

Il Ministero del lavoro chiarisce con nota 28 aprile 2015, n. 7127, che nel totale  dei lavoratori, i soci amministratori che prestano attività lavorativa in azienda non andranno computati nel calcolo della percentuale dei lavoratori complessivamente “occupati”.

Pertanto, tale esclusione opera anche nell’eventualità in cui venga rilevata la presenza di lavoro nero ed in particolare solo un  lavoratore “in nero” alla luce di quanto previsto all’art. 14 comma 11-bis del D.Lgs. n. 81/2008 non verrà applicato il provvedimento di sospensione.

Quali sono i requisiti per l’adozione del provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale ?

impiego di personale non risultanti dalla documentazione obbligatoria in misura pari o superiore al 20% del totale dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro o gravi e reiterate violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro.

Nell’ipotesi di lavoro irregolare, l’art. 14, comma 11-bis del D.Lgs. n. 81/2008 ha stabilito una eccezione alla adozione del provvedimento di sospensione qualora il lavoratore irregolare risulti l’unico occupato dall’impresa.

Nell’analizzare i presupposti per l’attuazione del provvedimento di sospensione per lavoro nero, con particolare riguardo al calcolo di tale percentuale, il Ministero ha evidenziato l’automatica computabilità, nella categoria dei “lavoratori”, dei soci, anche investiti di particolari poteri, che svolgono attività lavorativa a favore dell’impresa.

Per definire il concetto sopra citato, il Ministero richiama la definizione di “lavoratore”, in cui tale qualifica si attribuisce alla persona che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolge un’attività lavorativa nell’ambito dell’organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato, con o senza retribuzione, anche al solo fine di apprendere un mestiere, un’arte o una professione.

Al lavoratore così definito è equiparato il socio lavoratore di cooperativa o di società, anche di fatto che presta la sua attività per conto delle società e dell’ente stesso.

Il Ministero del lavoro evidenzia la sostanziale diversità che intercorre tra coloro che, prestando attività lavorativa a favore dell’impresa, rivestono la carica di amministratori, e sono dotati, pertanto, dei tipici poteri datoriali, e chi invece, pur appartenendo alla compagine societaria, non dispone di tali poteri gestori.

Nel primo caso, non sussiste la necessaria dissociazione tra le figure di datore e prestatore di lavoro e, pertanto, non è possibile computare tali soggetti nella categoria dei “lavoratori”, ai fini richiesti dalla legge.

Pertanto, i soci amministratori che prestano attività lavorativa in azienda non andranno computati nel calcolo della percentuale dei lavoratori complessivamente “occupati” ai fini della adozione del provvedimento di sospensione per lavoro nero.

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