Stop ai furbetti della Naspi e assenze ingiustificate false

Nel disegno di Legge in materia di lavoro approvato dal Consiglio dei Ministri lo scorso primo maggio insieme al Decreto Lavoro pubblicato in gazzetta ufficiale , il governo Meloni potrebbe andare verso una svolta: stop ai furbetti della Naspi, ovvero quei lavoratori dipendenti che per ottenere l’indennità di disoccupazione in seguito al proprio licenziamento, ricorrevano a una serie di sotterfugi, uno in particolare prevedeva l’utilizzo del sistema dell’assenza ingiustificata per fruire della naspi.

Ultimi aggiornamenti su questo argomento: il disegno di legge sul lavoro, approvato dal Consiglio dei Ministri il primo maggio 2023, ha ripreso il suo iter parlamentare dopo una lunga pausa. Il provvedimento contiene diverse misure per riformare il mercato del lavoro, tra cui la norma che equipara l’assenza ingiustificata alle dimissioni volontarie, con la conseguente perdita del diritto alla Naspi. Questa norma vuole contrastare la pratica di alcuni lavoratori che si assentano illegittimamente per farsi licenziare e ottenere in questo modo la disoccupazione. Secondo il disegno di legge, infatti, se un lavoratore si assenta in modo ingiustificato per un periodo superiore ai cinque giorni, il rapporto di lavoro si intende risolto per dimissioni.

Cosa succedeva prima della riforma con i furbetti della Naspi

Prima della riforma, infatti, i dipendenti approfittavano del vuoto normativo per sfruttare l’indennità erogata dall’Inps (Naspi) introdotta Decreto Legislativo 4 marzo 2015, n. 22 come forma di aiuto temporaneo ai lavoratori disoccupati.

In pratica, poteva accadere che un lavoratore decidesse di assentarsi dal proprio posto di lavoro ingiustificatamente, inducendo il datore a licenziarlo dopo un periodo di assenza dal lavoro, senza maturare retribuzione, permessi, ferie e Rol indicati in busta paga. In questa direzione la risorsa, ottenuto il licenziamento dal proprio datore di lavoro, accedeva alla Naspi senza essere obbligato a dimettersi. Sappiamo, infatti, che le dimissioni non danno diritto all’indennità perché provengono dalla volontà del lavoratore dipendente.

Con tale stratagemma il lavoratore otteneva ciò che desiderava, accedendo liberamente alla Naspi grazie al licenziamento posto in essere dal suo datore che, talvolta consapevolmente, abboccava al tranello. Prima della riforma poteva anche accadere che la risorsa intraprendesse questo percorso parlandone prima con il suo datore, stabilendo a tavolino la strategia più conveniente per entrambi, ma a svantaggio dell’Inps, che si vedeva costretta a erogare la Naspi per il periodo previsto dalla legge.

Si tratta di un tema particolarmente complesso che va analizzato con uno studio specifico del caso concreto, valutando il contratto di lavoro e le condizioni che hanno portato al licenziamento. Se stai cercando delle alternative per poter accedere alla Naspi ti invitiamo a contattare i nostri consulenti, professionisti preparati e disponibili a fornire ogni tipo di chiarimento, valutando la situazione specifica e dando assistenza personalizzata in base alle esigenze del lavoratore.

Le previsioni per il futuro: come funziona oggi la Naspi

La nuova normativa potrebbe portare al lavoratore che si assenta in modo ingiustificato dal posto di lavoro di farsi licenziare per “assenza ingiustificata”, precludendogli così l’accesso all’indennità. In pratica, il dipendente può decidere di non andare a lavoro volontariamente per un certo periodo facendo partire il licenziamento per ingiustificata assenza, ma tale procedimento sarà considerato come una perdita dell’impiego volontaria, che non dà diritto, dunque, alla Naspi.

Le intenzioni del legislatore, infatti, fanno intendere che quando l’assenza ingiustificata del lavoratore superi il termine previsto nel contratto di lavoro collettivo (CCNL) che gli è stato applicato, o si tratti comunque di un termine superiore ai cinque giorni, se il contratto non lo indica specificamente, il rapporto di lavoro debba essere considerato risolto per la libera volontà del lavoratore.

Questo significa che il datore di lavoro non sarà più tenuto a licenziare il lavoratore perché il rapporto è risolto ex lege, alla stregua e con le medesime conseguenze delle dimissioni che, sappiamo non dare diritto alla Naspi.

Ciò che bisogna sottolineare, infatti, è che rispetto al passato la Naspi potrebbe non essere  più concessa nei casi di licenziamento per assenza ingiustificata, causa che dovrebbe essere considerata oggi come una risoluzione volontaria del rapporto di lavoro da parte del dipendente. Oltre questo caso, il lavoratore potrà accedere all’indennità di disoccupazione nei casi di licenziamento per giusta causa e in tutte le altre ipotesi ammesse dalla legge per accedervi.

Questa parte normativa ha finalmente messo in luce, la questione dei furbetti della Naspi, che con il loro atteggiamento scorretto creavano i presupposti per ricevere la Naspi a danno dell’Inps, e spesso approfittandosi anche del proprio datore.

L’assenza ingiustificata dal posto di lavoro, infatti, rappresenta una grave mancanza di rispetto nei confronti dell’azienda, sia dal punto di vista umano che sotto il profilo della responsabilità disciplinare.

Immaginiamo, infatti, un’azienda che si trova in un periodo di grande produttività che richiede la presenza di tutte le risorse a tempo pieno per poter rispettare consegne e impegni nei confronti dei propri clienti.

Qualora uno o più dipendenti decidessero di sabotare i programmi del datore assentandosi senza giustificato motivo, essi metterebbero in atto un comportamento scorretto sia nei confronti dei propri colleghi, lasciandoli soli nel lavoro da svolgere, sia nei confronti del datore di lavoro che fa affidamento sul loro contributo produttivo, che infine, in termini di responsabilità professionale.

Inoltre se tutto andrà in questa direzione ci saranno novità anche per i datori di lavoro che non dovranno più pagare il ticket di licenziamento, tale contributo infatti viene versato dai datori di lavoro, in caso di licenziamento dei lavoratori ma se sarà appunto considerata l’assenza ingiustificata come una dimissione tale contributo non dovrebbe più essere versato dai datori di lavoro che avranno giustamente una riduzione dei costi del personale.

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